Neve.

sono le 6e13 del sette gennaio
duemilanove. l’epifania tutte le feste ha portato via, e le ha
sostituite con tonnellate di merda bianca fredda e probabilmente
cancerogena come tutto il resto.
ma nonostante ciò amo la neve,
perché costringe le persone a prendersela con più calma, a vedere
sotto ad un’altra luce tutti quegli impegni che durante l’anno
sembrano improcrastinabili. in lombardia però non tutti la vivono
così, qui alcuni duri e puri riescono a mettere il profitto davanti
alla distruzione del pianeta, una nevicata li fa ridere. la neve
quindi produce due effetti, quelli che se la prendon con calma e non
si oppongono al volere dei cieli, migliorando di fatto il contesto
generale in cui si vive, loro e degli altri; e quelli che si
arrabattano col cayenne o il bmw smerdandosi il cappotto de cachemire
e imprecando quel che dopodomani idolatreranno da bravi..
la
sveglia si mette a suonare, di nuovo. considero la sveglia la
versione 2.0 del negriero fustigatore da caravella, la radiosveglia
cazzo. la sveglia è quello strumento che ti dice d’alzarti. cazzo.
l’uomo seimila anni fa si alzava quando esauriva il sonno, ora si
alza quando suona la sveglia. ben disposto quindi verso il progresso
bestemmio e mi alzo.
mi copro per bene (in pratica mi vesto senza
togliermi il pigiama), infilo gli stivali, l’mp3 con bernard hermann
e, come travis bickle camminava per new york, navigo tra l’infame
neve grigiastrogiallamarrone di mariano comense. il bus ha mezz’ora
di ritardo ed impiega mezz’ora in più per giungere a destinazione.
il viaggio è tranquillo, poi ora che ci ho l’mp3 è tutta un’altra
cosa.
verso novembre scorso stavo pensando di comperare un
lettore per gli mp3, considerai i pro e i contro. questi ultimi erano
i più numerosi, e uno di essi era rischio di sordità nel
breve-medio periodo a causa di ‘sti auricolari che si usan ora. poi a
natale me ne hanno regalato uno e l’ho voluto provare. quello che non
consideravo nei pro, da vero niubbo della musica da passeggio, era
che l’mp3 annulla le teenager e le loro bocche di merda. i culi
incorniciati in tribali, tanga e pantaloni da zoccola rimangono, la
voce scompare. dopo un breve riconteggio dei voti decido che mi serve
l’mp3.
gli sleepytime gorilla museum spazzano via le cazzate
delle vecchie e il chiacchiericcio da corriera, mi ributto felice
nella neve e in cinque minuti raggiungo il mio posto di lavoro.

sbrigo le poche cose in fretta, sono le 11e30 e sto di nuovo alla
fermata del pullman. alle 11e53 dovrebbe passarne uno ma so che avrò
fastidi, alla radio ho sentito di disagi gravi per milanesi liguri e
palestinesi, anch’essi alle prese con merda bianca che casca giù dal
cielo. alle 12e30 passa un pullman, che però si ferma a carate.
alcuni lo fanno, il problema è che a mariano mancano diversi
chilometri, e già diverse corriere m’han dato buca. una polacca
chiede info all’autista senza ritegno alcuno nel mostrare quattro
stalattiti e du stalagmiti demmerda che ancora le resistono ancorate
alle gengive. due vecchie brianzole smarrite, ormai meglio disposte
con polacchi romeni ecc che verso autisti terroni le danno manforte,
sicuramente più interessate a trovare il colpevole di qualcosa che
non capiscono fino in fondo e di dar vita a una bella discussione,
che d’arrivare accasa.
l’autista sbotta, ci spiega che lui nemmeno
dovrebbe starci lì e che sta sostituendo qualcuno, che la pasta a
casa potrebbe essere cotta, che la neve è una merda. le consiglia in
malo modo di andare a fare autostop e d’arrangiarsi.
è chiaro.
un autista quanto potrà guadagnare? 30-40 euro al giorno? oggi molti
hanno aperto la finestra, e hanno deciso, in seguito a un breve
calcolo, che era più conveniente tornarsene a letto, girare un porro
e accender la tele. e come biasimarli. io sto con loro anche se in
questo momento mi stanno creando un fastidio, non val la pena
affannarsi quasi per nulla. ho sbagliato io che stamattina dovevo
ragionar come loro.
con altri disperati ci mettiamo alla fermata
ad aspettare un pullman, mancano 7-8 km a casa. la neve continua per
la sua strada, la gentaglia fa comunella e cominciano a parlar dei
cazzi loro. di solito quando fanno così mi ignorano, ma sarà che
questo mese ho fatto la barba o che sono dispari e gliene manca uno.
cercano di incrociar lo sguardo, parlano credo, non so ci ho su gli
estradasphere e non sento un cazzo. sono in cerca di approvazione,
hanno voglia di lamentarsi del niente, quelle robe lì. quando fanno
così, se non sei ubriaco, è sempre meglio ignorarli e allontanarsi.
li ignoro e mi allontano, sempre annuendo e con l’aria esageratamente
compiaciuta e complice. mi scappa un pisciatone e da bestemmiare, mi
si stanno ghiacciando i piedi. alle 13e45 passa un pullman che va in
deposito e ci dà uno strappo, ci molla a tipo 4 km dalla
destinazione.
mi incammino verso casa assieme a una signora sui
cinquanta. dopo cento metri le propongo di fare autostop. lei è
scettica, ma non ha idea del mio glorioso passato da autostoppista.
poi è una situazione stronza, la gente è un po’ più altruista in
questi casi. e poi cazzo lei è una vecchia, ma questo evito di farlo
presente. cinque o sei macchine filan vie lisce ma una macchina bordò
accosta. “te lo dicevo” dico collo sguardo alla socia, e mi
avvicino. ci son su due tizi, il passeggero, un bulgaro polacco russo
o simili, stava sul pullman con noi! ci aiuterà! mi dice “alora
pasa pulman?” “no no anzi, se ci dai uno strappo” “ah no io
arivato qua” e col dito indica il suolo. il tizio al volante indica
il suolo anche lui. prendon su e vanno afanculo, giusto nella
direzione in cui andremmo anche noi.
ci spariamo tre chilometri
tra lo schifo nevoso e le macchine che accelerano per farti lo
schizzetto del cazzo, ignare del fatto che noi dell’FRRP (fronte
rivoluzionario di rinascita pedonale) stiamo iniziando a girare coi
sassi in tasca.
niente oggi sarebbe potuto andare peggio di così,
verosimilmente.
invece no, col cazzo. a 500 metri dalla fermata a
cui scendo ogni giorno, arriva alle nostre spalle il pullman. si
ferma e saliamo. l’autista è un vivace guaglione partenopee che sta
spiegando ad alcuni passeggeri quanto si stia meglio a napoli e
quanto spera di poterci tornare presto. mi sento folgorato da un
insolito quanto breve lampo di amore verso il prossimo e pieno di
altruismo solidarizzo con lui augurandogli un pronto rimpatrio. dopo
poco mi congedo e dirigo verso casa.
c’arrivo che sono ormai quasi
le 15. mi metto a leggere. dopo poche righe mi imbatto nella frase
seguente: “dopo cena non potete fumare perché il tabacco (o quel
che fumate di solito ndd) è umido. per fortuna siete in possesso di
una bottiglia di un certo liquido che, se preso in dose giusta, vi
rallegra, vi inebria e vi ridà sufficiente interesse per la vita
tanto da indurvi ad andare a dormire”.
che roba strana l’uomo,
mi capita di pensare a volte. riesce ad elevarsi tanto da esprimer
certi concetti deliziosi in modo così felice, semplice… efficace.
e in generale, la moltitudine di cose a cui è arrivato. ma anche ad
abbassarsi così tanto da far sembrare aperta di mente una capra.
incapace di riconoscere in cosa ha senso spender le proprie risorse,
in quali casi rinunciare al proprio onore.
la neve è pericolosa
perché crea un’atmosfera diversa, mostra che potrebbe andar
diversamente.
ah! e ci è costata 535 milioni di euro.

This entry was posted in Personale. Bookmark the permalink.